Non è vero, come invece detto dal sindaco, che i binari sono stati completamente sostituiti da Anagnina a Ottaviano. Ma allora che ne è della “disciplina ed onore” degli amministratori capitolini?
Questo articolo è pubblicato in contemporanea da Diarioromano e TUTraP-APS sui rispettivi siti web.
Apro… non apro… riapro… richiudo…
Dal 4 luglio 2022 al 7 dicembre 2023, per ben 18 mesi, la Metro A dalla domenica al giovedì ha subìto la chiusura anticipata alle 21 per lavori di completa sostituzione dei binari e relative traversine ed una chiusura totale a tratte nel mese di agosto 2023.
Il Sindaco Gualtieri, in ben 2 videomessaggi, il primo su Instagram il 05 dicembre scorso ed il secondo su X (ex Twitter) il 12 dicembre, dava come finito il cantiere e ultimati i lavori da Anagnina fino ad Ottaviano, pre-annunciando comunque una seconda fase di lavori per la tratta finale Ottaviano-Battistini.
Durante la Commissione Mobilità del 17 gennaio, su specifica domanda dell’On. Meleo, è emerso invece che i lavori da Anagnina sono arrivati solo fino a Spagna. Manca quindi il 20% circa di lavori per arrivare ad Ottaviano.
L’imbarazzante lungo silenzio prima della risposta nel video della Commissione …
Non solo, dalla banchina di Termini si possono vedere ancora le vecchie traversine.
Da Spagna fino a Battistini mancano altri 7 km di lavori, mentre ne sono stati completati solo 11. A questa “velocità” (o lentezza) è veramente difficile immaginare che i lavori dureranno solo pochi mesi. Piuttosto, per non arrivare a Giubileo inoltrato, è ipotizzabile che la Metro A subirà un’interruzione totale ad Agosto, per accelerare i lavori.
A beneficio dell’informazione, va aggiunto che ATAC riceve dei bonus dal Comune, previsti contrattualmente, per i periodi di fermo dei mezzi per lavori. A rimetterci quindi sono solo cittadini e utenti dal punto di vista del servizio e delle loro tasche.
Già per il tram 8 si era assistito ad una figuraccia simile, dopo 15 mesi di lavori di sostituzione integrale dei binari (che dovevano essere solo 6+3), alla riapertura mancavano ancora dei punti critici da lavorare, come Ponte Garibaldi. A sorpresa, l’Agenzia Nazionale per la Sicurezza delle Ferrovie (ANSFISA) è dovuta intervenire e imporre il blocco urgente finché anche questi lavori indifferibili fossero ultimati.
Tante domande. Troppe
Questi 2 episodi aprono enormi interrogativi su diverse altre questioni. Ad esempio, dal 2022 ci sono 23 treni della Metro A che circolano grazie a delle autorizzazioni speciali di ANSFISA, perché le Revisioni Generali erano scadute e senza quelle proroghe si sarebbero dovuti fermare, con catastrofici effetti sulla linea. Il cronoprogramma delle manutenzioni è in fortissimo ritardo. Anche per questi treni, o alcuni di questi, dobbiamo aspettarci sorprese alle porte del Giubileo? Già è chiaro che il servizio della Metro B sarà a 2/3 e la frequenza della Metro C non sarà inferiore ai 9 minuti (nella migliore delle ipotesi).
Come pensa il Comune di gestire l’immenso flusso di turisti e conciliarlo con la richiesta di tenere lontani i pullman, sfruttando nodi di scambio con il trasporto pubblico su ferro? E anche accettando questa ipotesi, imponendola con un’Ordinanza (che al 99% non ci sarà), dove pensano di mettere il surplus di turisti sulle già affollatissime banchine delle Metro?
La credibilità delle Istituzioni è messa a dura prova
Di fronte a tanto tergiversare le Istituzioni hanno dimostrato di non essere in grado di fornire alla cittadinanza e all’utenza una comunicazione chiara ed efficace. Già questo di per sé è sufficiente a disorientare qualsiasi cittadino intenda comprendere in che modo i suoi amministratori stanno risolvendo i suoi problemi e intenda essere collaborativo con le Istituzioni.
Ma c’è dell’altro. Una comunicazione la quale, sui temi che stanno a cuore agli Utenti del trasporto pubblico, disinforma invece di informare crea inevitabilmente un clima di sfiducia nei confronti delle Istituzioni stesse e delle persone che le rappresentano. Da una parte, infatti, gli Utenti non sono più in grado di pianificare il proprio comportamento relativo alle esigenze della mobilità: insomma, mi alzo alle 5 del mattino per recarmi al lavoro e non so se sia meglio affrontare lo spostamento con un mezzo privato o con un mezzo pubblico. Dall’altra, gli Utenti stessi si sentono esclusi dai processi decisionali che li riguardano, senza risposte o con risposte inadeguate al loro legittimo desiderio di comprendere, anzi di più: si percepiscono ingannati se non addirittura strumentalizzati.
La banalizzazione e la noncuranza del malcontento non dà necessariamente origine a rivolte (morali o d’altro tipo). Molto più frequentemente diventa indifferenza. I cittadini, comprendendo che sono trattati come sudditi da Istituzioni sorde, si disinteressano della vita civile (“tanto non cambia niente”), smettono di occuparsi del dibattito politico (“l’uno vale l’altro, sono tutti uguali”), finiscono per ripiegarsi sulle loro esigenze personali e trascurare l’orizzonte sociale (“se non ci penso io, alle mie esigenze non ci pensa nessuno”).
Si può tranquillamente concludere che, con la confusione generata attraverso la comunicazione inefficace relativa al trasporto pubblico, le Istituzioni romane hanno gravemente mutilato la loro credibilità di fronte alla cittadinanza e all’utenza. E non da oggi.
Chi si assume la responsabilità?
In questo senso la responsabilità delle persone che rappresentano le Istituzioni è enorme. Mentre gli Utenti sperimentano a tutti i livelli della vita ordinaria l’obbligo di trasparenza, di lealtà, di responsabilità, sembra che in alcuni settori esista una sorta di intangibilità.
Se una comunicazione è stata inefficace, frammentaria al punto da indurre in errore i destinatari, di chi è la responsabilità? Chi è, cioè, che non solo dovrebbe chiedere scusa ai cittadini per aver fornito informazioni erronee ma dovrebbe trarne le debite conseguenze?
Tali domande implicano la consapevolezza, radicata in tutti coloro che esercitano funzioni pubbliche, di due gravi doveri, la disciplina e l’onore: “I cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina ed onore” (Cost. Ital., art. 54).
L’incapacità di assumersi responsabilità e di trarre le conseguenze dai propri atti pubblici, che non sono giudizio di merito delle persone ma bilancio di attività politiche e amministrative, è riconducibile all’assenza di quella richiamata consapevolezza. A volte è più onorevole ammettere di non essere stato capace di gestire correttamente un aspetto vitale dei rapporti come la comunicazione e conseguentemente rinunciare al proprio ruolo, piuttosto che addossare le responsabilità al passato, alle difficoltà incontrate, alla mancanza di risorse o peggio ai cittadini considerati impazienti e contestatori.
Però, se nessuno si assume responsabilità, per esempio a livello istituzionale, rinviando continuamente ad altri, non siamo in presenza di un gioco a somma zero. A perderci – servizi, denaro, senso civico – è l’intera compagine sociale. E quei 18 mesi di “errori comunicativi” diventano una disfatta nella quale, agli occhi degli Utenti, dei cittadini, degli elettori qualcuno perde, definitivamente, credibilità e onore.